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01.11.04

Compagno

Faccio fatica a trovare la chiesa. E' in un quartiere popolare di una città industriale più morta che viva. E' una chiesa moderna, razionale e fredda come immagino ne puoi trovare anche a Città del Messico o a Brasilia. Quando vi entro è riempita per poco più della metà nonostante sia piccola. A fianco dell'altare però c'è la polizia municipale in alta uniforme con gli stendardi della città insieme a quelli di associazioni partigiane e sindacali tenuti da anziani col fazzoletto tricolore al collo. Qualcuno si vede chiaramente sta in piedi a fatica.
E' la commemorazione di un uomo che è stato partigiano, dirigente sindacale, sindaco e deputato.
Il prete parla dell'uomo ora chiuso nella bara, dei ricordi più recenti, della fede abbracciata solo negli ultimi tempi. E' una funzione semplice e veloce che un po' mi sorprende. Quando termina il prete si ritira dietro l'altare sotto un enorme e minaccioso crocifisso che potrebbe sembrare opera di indios di una tribù amazzonica, mentre si avvicina al pulpito una persona anziana, uno di quelli con il tricolore al collo, per dire che ora seguirà una breve commemorazione.
Prende la parola per primo un dirigente sindacale che, leggendo un discorso, ricorda il "compagno" di tante battaglie al petrolchimico alla fine degli anni '50 e del decennio successivo e di tante altre lotte operaie.
Dopo di lui parla un assessore della provincia che, leggendo ancora un discorso preparato, ricorda il "compagno" della resistenza e di partito.
A lui succede una persona anziana, indossa un giubbotto di renna che gli dà un'aria un po' trasandata. E' stato in passato deputato del partito comunista e ricorda parlando a braccio e con silenzi sapienti, il "compagno" defunto partendo dagli anni della guerra, ricordando le lotte politiche fatte insieme nel primo dopoguerra, le manifestazioni operaie e le cariche della polizia, sottolinea le sue qualità riconosce i contrasti avuti con lui in quegli anni.
In fondo alla chiesa il prete resta seduto e immobile, lo sguardo fisso verso la bara.
Infine prende la parola il sindaco telegenico che lo ricorda per quanto fatto alla città. E' l'unico che non lo chiama "compagno".
Compagno. Da quanto tempo non sentivo in pubblico questa parola. In tv devono averla vietata. Pensavo a questo uscendo dalla chiesa, all'orgoglio di chi l'aveva poco prima pronunciata e ripetuta più volte là dentro, e a quel po' di retorica che naturalmente c'è stata.
E mi chiedevo se ai funerali degli uomini politici di questa attuale sinistra i ricordi saranno densi e appassionati come quelli appena ascoltati per il compagno Giuseppe.

Posted by Peter Kowalsky at 01.11.04 09:52

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